Il Pandino di Vidal: una storia d'amore
- 27/03/2023
- Caterina Capelli
Era l’estate del ‘76 quando a Giorgetto Giugiaro venne affidato dalla Fiat l’incarico di progettare un’auto in grado di ripetere il successo della 500, e di farlo in un solo mese, quello di agosto, durante il quale il designer si trovava in villeggiatura in Sardegna.La Panda viene così al mondo in un modo insolito, col peso di grandi responsabilità – rivoluzionare il concetto di utilitaria – e ambizioni — regalare agli italiani la mobilità, essere “l’auto di tutti”. Per Fiat è una scommessa, bisogna farcela. La Panda ce la fa, e con la sua carrozzeria burbera vince addirittura il Compasso d’oro nel 1981, e viene premiata per il suo design.
La Panda è tuttora un cult intramontabile che potremmo tranquillamente inserire tra i Miti d’oggi nostrani, qualcosa che Roland Barthes definirebbe “un modo di significare” che parla a tutti. La sua fanbase è vastissima e fioccano i fan club, locali e internazionali: a giugno si è tenuta la terza edizione del più grande raduno italiano di Panda, dove nel 2019 si sono incontrate quasi 700 auto; in contemporanea si sta svolgendo la versione Panda Furious del Mongol Rally, all’insegna del claim “In Panda verso la Mongolia e oltre”. E c’è anche un format di weekend “on the road” riservati ai possessori di Panda. La Panda, oggi come ieri, è amata da tutti.Di questa fanbase fa parte, inaspettatamente, anche Arturo Vidal. Aveva fatto talmente rumore (la notizia, non l’auto) che ricorderete sicuramente quando l’ex centrocampista dell’Inter se ne uscì sul suo profilo Instagram con una foto che lo ritraeva abbracciato alla sua nuova automobile, sancendo l’inizio della sua relazione con il tanto agognato Pandino. “Perché volere una jeep o una grande macchina se ho la mia Panda?” scrive. Per lui, poterla finalmente guidare è “un sogno che si realizza”.Nella foto, Vidal mostrava fiero il suo modello verde ulivo, e in un post successivo posava accanto all’auto indossando un outfit matchato alle tonalità della carrozzeria. Che fosse una forma di identificazione?
La Panda è tuttora un cult intramontabile che potremmo tranquillamente inserire tra i Miti d’oggi nostrani, qualcosa che Roland Barthes definirebbe “un modo di significare” che parla a tutti. La sua fanbase è vastissima e fioccano i fan club, locali e internazionali: a giugno si è tenuta la terza edizione del più grande raduno italiano di Panda, dove nel 2019 si sono incontrate quasi 700 auto; in contemporanea si sta svolgendo la versione Panda Furious del Mongol Rally, all’insegna del claim “In Panda verso la Mongolia e oltre”. E c’è anche un format di weekend “on the road” riservati ai possessori di Panda. La Panda, oggi come ieri, è amata da tutti.Di questa fanbase fa parte, inaspettatamente, anche Arturo Vidal. Aveva fatto talmente rumore (la notizia, non l’auto) che ricorderete sicuramente quando l’ex centrocampista dell’Inter se ne uscì sul suo profilo Instagram con una foto che lo ritraeva abbracciato alla sua nuova automobile, sancendo l’inizio della sua relazione con il tanto agognato Pandino. “Perché volere una jeep o una grande macchina se ho la mia Panda?” scrive. Per lui, poterla finalmente guidare è “un sogno che si realizza”.Nella foto, Vidal mostrava fiero il suo modello verde ulivo, e in un post successivo posava accanto all’auto indossando un outfit matchato alle tonalità della carrozzeria. Che fosse una forma di identificazione?
Con un misto di tenerezza e stupore, abbiamo accolto l’arrivo della Pandita (come la chiama lui) chiedendoci cosa ci facesse in mezzo alle Ferrari e ai SUV del proprietario, e perché Vidal preferisse accompagnare la sua mamacita, o affrontare le nevicate invernali, a bordo di quest’auto.
Nella sua posizione di proletaria ascesa al successo, la Panda rappresenta un po’ un punto di incontro per il pubblico più eterogeneo. Funzionale, pratica, versatile, economica. Allo stesso tempo: icona scintillante.
La virtuosa convivenza di questi due poli traccia una personalità in cui forse Arturo Vidal riesce a rispecchiarsi. Per lui, farsi largo nel calcio è stata davvero una questione di sopravvivenza. Nato in uno dei quartieri più poveri di Santiago del Cile, Vidal è cresciuto in un contesto di violenza ed estrema indigenza, dalla quale solo il calcio – pensava –- avrebbe potuto riscattare lui e la sua famiglia. Doveva farcela, e ci è riuscito. Ha affrontato ostacoli e difficoltà, ed è stato capace di resistere a condizioni dure uscendone indenne, anzi, più forte. Così sono nati il Guerriero, il Leone, e insomma tutti quegli epiteti bellici che si è guadagnato in campo.
Gli anni difficili di Arturo sono stati la benzina della sua carriera, ne hanno nutrito le energie, mantenendo in moto la sua macchina di determinazione e talento: con 9 scudetti in dieci anni, Vidal è stato il "Guerriero" del centrocampo della Juve per quattro anni, e il “miglior giocatore della storia del Cile”. Una volta Pep Guardiola ha detto di lui che se fosse andato in guerra lo avrebbe voluto al suo fianco.
Fuori dal campo però, il mondo del “Guerriero” è anche ricco di episodi al limite, come quando nel 2015 venne arrestato per guida in stato di ebbrezza dopo aver schiantato la sua Ferrari, ma lui chiese – e ottenne— di giocare comunque la Copa América rappresentando il suo Cile, perché “Handcuff me, but you’re screwing the whole of Chile”.
Nonostante il suo look da bad boy, oggi Vidal sembra redento allo status di “ragazzo semplice”, come l’ha chiamato in un articolo la Gazzetta dello Sport: ha un volpino di nome Pasquale, una famiglia numerosa con cui fa i barbecue in giardino, adora il reggaeton (who doesn’t?), va dal parrucchiere a Nichelino (TO), e guida una Panda.
Nella sua veste di “auto da tutti i giorni” la Panda partecipa perfettamente a questo quadretto di quieta normalità. La Panda, dopo tutto, ha rappresentato uno dei punti d’arrivo più significativi dell’utilitaria italiana che, libera dallo styling di quegli anni, aveva il massimo — di comfort, di spazio, di possibilità — nel minimo (3,38 m).
Mi hanno detto di Vidal, quando cercavo pareri calcistici per questo articolo, che “era un lottatore incredibile in campo, un giocatore di sostanza, proprio come la…Panda. Nessuna cazzata, solo affidabilità e prestazioni.”
Nella sua posizione di proletaria ascesa al successo, la Panda rappresenta un po’ un punto di incontro per il pubblico più eterogeneo. Funzionale, pratica, versatile, economica. Allo stesso tempo: icona scintillante.
La virtuosa convivenza di questi due poli traccia una personalità in cui forse Arturo Vidal riesce a rispecchiarsi. Per lui, farsi largo nel calcio è stata davvero una questione di sopravvivenza. Nato in uno dei quartieri più poveri di Santiago del Cile, Vidal è cresciuto in un contesto di violenza ed estrema indigenza, dalla quale solo il calcio – pensava –- avrebbe potuto riscattare lui e la sua famiglia. Doveva farcela, e ci è riuscito. Ha affrontato ostacoli e difficoltà, ed è stato capace di resistere a condizioni dure uscendone indenne, anzi, più forte. Così sono nati il Guerriero, il Leone, e insomma tutti quegli epiteti bellici che si è guadagnato in campo.
Gli anni difficili di Arturo sono stati la benzina della sua carriera, ne hanno nutrito le energie, mantenendo in moto la sua macchina di determinazione e talento: con 9 scudetti in dieci anni, Vidal è stato il "Guerriero" del centrocampo della Juve per quattro anni, e il “miglior giocatore della storia del Cile”. Una volta Pep Guardiola ha detto di lui che se fosse andato in guerra lo avrebbe voluto al suo fianco.
Fuori dal campo però, il mondo del “Guerriero” è anche ricco di episodi al limite, come quando nel 2015 venne arrestato per guida in stato di ebbrezza dopo aver schiantato la sua Ferrari, ma lui chiese – e ottenne— di giocare comunque la Copa América rappresentando il suo Cile, perché “Handcuff me, but you’re screwing the whole of Chile”.
Nonostante il suo look da bad boy, oggi Vidal sembra redento allo status di “ragazzo semplice”, come l’ha chiamato in un articolo la Gazzetta dello Sport: ha un volpino di nome Pasquale, una famiglia numerosa con cui fa i barbecue in giardino, adora il reggaeton (who doesn’t?), va dal parrucchiere a Nichelino (TO), e guida una Panda.
Nella sua veste di “auto da tutti i giorni” la Panda partecipa perfettamente a questo quadretto di quieta normalità. La Panda, dopo tutto, ha rappresentato uno dei punti d’arrivo più significativi dell’utilitaria italiana che, libera dallo styling di quegli anni, aveva il massimo — di comfort, di spazio, di possibilità — nel minimo (3,38 m).
Mi hanno detto di Vidal, quando cercavo pareri calcistici per questo articolo, che “era un lottatore incredibile in campo, un giocatore di sostanza, proprio come la…Panda. Nessuna cazzata, solo affidabilità e prestazioni.”
Vidal non è l’unico né il primo calciatore innamorato del Pandino, che aveva già conquistato Baggio, e anche Spalletti, a cui l’auto è stata addirittura rubata, in pieno centro a Napoli. A bordo della Grande Utilitaria era apparso anche il centrocampista dell’Atlético Madrid Yannick Carrasco, mentre, in una scena pittoresca, accompagnava ad allenarsi i suoi compagni Vrsaljko e Lemar. Per chi li avrà visti arrivare, l’immagine di loro 3 che scendono da una Panda 4x4 del 1990 dev’essere stata surreale.
Negli spot –- che sono un genere a sé, tutto da esplorare — il Pandino appare così cool che “se non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, così spazioso da contenere centinaia di migliaia di palline da ping pong, cinque passeggeri, e praticamente qualsiasi cosa si voglia, portandoci dappertutto (anche sulla Luna) grazie alle sue quattro ruote motrici.
La Panda, con oltre 7,5 milioni di esemplari prodotti fino a oggi, è l’auto più venduta in Italia e la terza citycar più venduta al mondo (6 milioni e mezzo di vetture finora). La prima serie è durata oltre vent’anni, mentre la seconda (del 2003), è stata rimpiazzata da quella con le nuove linee solo nel 2012. Presente sul mercato da oltre 40 anni, la Panda è un fenomeno raro, a cui Garage Italia ha dedicato una edizione del progetto Icon-e, celebrandola con una produzione di 4×4 reinterpretate ed elettrificate.
Quello del Pandino è un universo di iconica autenticità, che unisce il fulgore del mito alla palpabile consapevolezza che centinaia di migliaia di persone hanno condiviso con questa auto pezzi di vita. Se chiederete in giro, non farete fatica a farvi raccontare aneddoti legati alla celebre vettura. La Panda è di tutti, per tutti, in ogni luogo e occasione. Le cose più vere della vita non sono sempre le più lussuose o elaborate, anzi, spesso è vero il contrario. Ed è in questo luogo di Vita Vera che Vidal e la Panda si sono incontrati.
Negli spot –- che sono un genere a sé, tutto da esplorare — il Pandino appare così cool che “se non ci fosse bisognerebbe inventarlo”, così spazioso da contenere centinaia di migliaia di palline da ping pong, cinque passeggeri, e praticamente qualsiasi cosa si voglia, portandoci dappertutto (anche sulla Luna) grazie alle sue quattro ruote motrici.
La Panda, con oltre 7,5 milioni di esemplari prodotti fino a oggi, è l’auto più venduta in Italia e la terza citycar più venduta al mondo (6 milioni e mezzo di vetture finora). La prima serie è durata oltre vent’anni, mentre la seconda (del 2003), è stata rimpiazzata da quella con le nuove linee solo nel 2012. Presente sul mercato da oltre 40 anni, la Panda è un fenomeno raro, a cui Garage Italia ha dedicato una edizione del progetto Icon-e, celebrandola con una produzione di 4×4 reinterpretate ed elettrificate.
Quello del Pandino è un universo di iconica autenticità, che unisce il fulgore del mito alla palpabile consapevolezza che centinaia di migliaia di persone hanno condiviso con questa auto pezzi di vita. Se chiederete in giro, non farete fatica a farvi raccontare aneddoti legati alla celebre vettura. La Panda è di tutti, per tutti, in ogni luogo e occasione. Le cose più vere della vita non sono sempre le più lussuose o elaborate, anzi, spesso è vero il contrario. Ed è in questo luogo di Vita Vera che Vidal e la Panda si sono incontrati.
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