Dakar. Le donne da ricordare

È iniziata da pochi giorni la 46ª edizione del Rally Dakar che si svolgerà per la quinta volta interamente in Arabia Saudita.Vuoi lo scenario esotico, vuoi la storia che si intreccia con il mito, vuoi che ci piacciono le emozioni forti ma per noi la Dakar è forse LA competizione per eccellenza, in grado di regalare sensazioni uniche e irripetibili.
Una gara fatta di piloti che mettono alla prova le proprie capacità tecniche e fisiche, che entrano in competizione con se stessi e con tutto ciò che li circonda con l’obiettivo, tappa dopo tappa, di avvicinarsi sempre un pò di più a quel l'Olimpo chiamato traguardo.
Ma qui non vogliamo parlare in generale, qui vogliamo parlare di una categoria che forse i più fanno fatica ad accostare a una manifestazione del genere: le donne che hanno sfidato il deserto.Il rapporto tra le donne e Dakar risale alla prima edizione della Parigi-Algeri-Dakar, nel 1979 al via ci sono sette motocicliste. Tra queste, Martine De Cortanze ottiene il miglior risultato: arriva 19° con una Honda 250 XLS, precedendo 55 piloti.
La storia però la fa Jutta Kleinschimdt, prima e finora unica donna a trionfare alla Dakar, e ci riesce con un Mitsubishi Pajero nel 2001, anno del successo nelle moto di Fabrizio Meoni.
Non deve essere dimenticata poi l’impresa dell'italo francese Camelia Liparoti con il suo quad: dopo il ritiro nell’edizione 2009, la 46enne di Livorno conclude tutte le edizioni a cui ha partecipato, chiudendo 13° nel 2010,10° nel 2011, 9° nel 2012 e 15° nel 2013.
Ma la Dakar non significa per forza allontanarsi per due settimane dal proprio partner. C’è chi il proprio partner lo porta con sé. E non parliamo di attendere al bivacco la fine della tappa magari con un pò di ansia e apprensione, qui parliamo di farsi il tifo a vicenda: per anni il pilota Nani Roma, vincitore dell’edizione 2014 con una Mini All4 Racing, ha condiviso questa esperienza con la moglie, Rosa Romero Font, che affronta la Dakar con il veicolo che comporta il maggior dispendio energetico, la moto gareggiando per il team Himoinsa.Nel 2015 poi la spagnola Laia Sanz, arriva ottava nella classifica generale con una Honda del team HRC. Con Laia però siamo di fronte a qualcosa di unico, una ragazza che prima ancora di compiere 30 anni vince 13 Mondiali di trial e 3 di Enduro.
Per alcune rappresenta una rivincita sulla vita, per altre un’occasione per mettere alla prova i propri limiti, fisici e mentali, per altre ancora è semplice e puro divertimento.
Tornando all’edizione di quest’anno dobbiamo essere particolarmente orgogliosi di avere in gara come unica pilota italiana Rebecca Busi.
La 27enne bolognese è alla sua terza Dakar, dopo aver ottenuto il primato di più giovane partecipante italiana nell’edizione 2022. Questa volta però la consapevolezza è maggiore, dopo il quarto posto conquistato al campionato mondiale di Rally Raid nel 2023. Anche quello un record per una pilota italiana.
Oltre a gareggiare e rappresentarci nel migliore dei modi, Rebecca lancia anche uno spunto di riflessione molto interessante su quello che è il rapporto tra il mondo agonistico auto e moto e le donne:
«Credo che altri Paesi siano più bravi a valorizzare la presenza delle donne in contesti di questo tipo. Penso a luoghi come la Spagna o il Sud America, dove le pilota sono delle vere e proprie star mediatiche. Non è una mia ambizione, il mio unico desiderio è correre. Ma sono certa che, se la mia storia fosse conosciuta, magari qualche ragazzina che vuole iniziare a correre e pensa di non potercela fare si sentirebbe meno sola. Ecco, se riuscissi a dare speranza anche a una sola ragazza, ne sarei felice».
Storie che vogliono dimostrare al mondo che una donna può tutto, anche sfidare il deserto ed entrare nella leggenda.
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