Fast X è la morte del tuning
- 26/05/2023
- Davide Chiappini
Fast X è l’ultimo capitolo della celeberrima saga di Fast and Furious, pilastro della car culture dai primi anni Duemila e simbolo di una generazione di appassionati. Ed è proprio questa pellicola, con il suo inevitabile sequel, svelato dopo due ore e mezza di girato, che ne sancisce anche il suo lento e inesorabile declino.Ormai lo sappiamo, da cinque capitoli a questa parte vi è stata un’escalation nella complessità delle acrobazie compiute dalla compagnia di Dom. Sventare un attentato al Vaticano intercettando un’enorme bomba rotolante a suon di azioni degne di Rocket League, trainare elicotteri in volo o addirittura saltare da una diga in fiamme: non c’è nulla che la Dodge Charger preparata da Toretto non possa fare.
In un mondo che vira sempre di più verso l’autonomia dei trasporti, verso la concezione di veicolo come servizio e verso una standardizzazione degli elementi, non si potranno più “mettere le mani sotto al cofano” in cerca di un aumento di prestazione. Al più, questa si potrà ottenere con un click sul computer di bordo. È chiaro quindi che un Fast and Furious, un 2 Fast 2 Furious o un Tokyo Drift non trovano più spazio nell’interesse contemporaneo, non hanno un appeal sufficiente per smuovere l’indole di nuovi appassionati, che si allontanano sempre più dal mondo del tuning come lo abbiamo imparato a conoscere negli scorsi decenni.Ciò non è necessariamente da leggersi come un male, ma il film ci lascia una sensazione di malinconia appena usciti dalla sala, consapevoli di questa discesa lenta ma inesorabile, di fronte alla quale solamente la passione e la volontà possono mantenere in vita quella che ormai è una nicchia sempre più ristretta.
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