Le tute più iconiche: Lambrusco team, Giacobazzi e Gilles Villeneuve
- 20/07/2022
- Elena Quadrio
La storia di un pilota leggendario, la Ferrari e un produttore di Lambrusco del modenese: un'amicizia-sponsorship tra le più memorabili in Formula 1.Pov: sono gli anni Settanta e hai una casa vinicola produttrice di Lambrusco in provincia di Modena; il mercato è florido anche oltreoceano – hai, infatti, creato un vino ad hoc per gli americani (o palati meno evoluti); Giacobazzi is my wine è il jingle che diventa “virale” in tutte le radio della East Coast. Ti chiama al telefono Enzo Ferrari per chiederti di sponsorizzare un pilota canadese semisconosciuto, all’epoca campione di motoslitte. Accetti, ovviamente. Quel che è meglio: quel pilota si chiama Gilles Villeneuve.È la storia di Antonio Giacobazzi, del suo rapporto con Ferrari, dell’amicizia con Villeneuve e dell’iconica tuta da corsa dell’“Aviatore” – così veniva soprannominato il pilota del Québec oggi annoverato fra i più grandi di sempre–che, a distanza di anni, non smette di essere un simbolo fashion di sinergia tra automotive, sport e italianità. Sulla tuta di uno dei piloti più amati e combattivi, infatti–e in seguito anche su quella del figlio, Jacques Villeneuve, campione di Formula 1 nel 1997–ai cui lati potevano comparire le più classiche sponsorship, Marlboro e Michelin, si leggeva la scritta in carattere maiuscolo GIACOBAZZI, che in quegli anni avrebbe dominato gli autodromi e i podi di tutto il mondo. Ma facciamo un passo indietro; era il 16 luglio del 1977 quando Gilles Villeneuve faceva il suo debutto in Formula 1, a bordo di una McLaren-Ford al Gran Premio di Gran Bretagna. Nello stesso anno la scuderia Ferrari lo ingaggiava per sostituire, nelle ultime due gare stagionali, il bicampione del mondo, Niki Lauda.«Enzo Ferrari–affermava Giacobazzi, come si legge su Scuderia Ferrari Club Riga –frequentava spesso la cantina, veniva qui a comprare Lambrusco per sé e per i suoi amici. Assaggiava il mosto e spesso ci dava anche indicazioni su come farlo; gli piaceva asciutto, trasparente e acido. Poi parlava di auto e Formula 1. In quei mesi si lamentava spesso del fatto che Lauda oscurasse il ruolo di Ferrari: “Quando lui vince, vince Lauda, non la Ferrari”, diceva. Quindi quando, qualche mese dopo, ci fu la rottura con l’austriaco, non ebbe alcun dubbio: “Villeneuve sta andando veloce e nessuno lo conosce!”».Ferrari convocò nel suo ufficio a Maranello Villeneuve e Giacobazzi e disse: «Giacobazzi, lei vende il suo vino negli Stati Uniti, da oggi ha la possibilità di venderlo anche in Canada. Questo sarà il nuovo pilota della Ferrari». Senza aver mai sentito parlare del canadese, Giacobazzi accettò l’offerta e chiuse un contratto di sponsorship che durò fino alla fine del 1982, per tutta quella che viene definita da Marcello Sabatini, il direttore di Autosprint, la Villeneuve Fever. Tra le Famiglie Giacobazzi e Villeneuve si instaurò, di lì a breve, una sincera amicizia: Antonio fu, infatti, uno dei pochi amici a partecipare ai funerali privati di Gilles, nel 1982. Oggi la macchina del pilota, la Ferrari T4 del 1979, si trova nel museo della famiglia Giacobazzi a Nonantola, in provincia di Modena (città che ha dato i natali a Enzo Ferrari ed è sede della cantina).Per Villeneuve, pilota leggendario le cui vittorie – Jarama 1981 su tutte – e le svariate altre prestazioni vengono considerate capolavori assoluti nelle antologie della F1, il rischio non era solo un lavoro, ma una necessità. «Se si fosse trovato a farlo solo per lavoro, avrebbe smesso di correre–dichiarava Giacobazzi–Scrivevano molto su di lui; per me lui era più di ogni altra cosa questo: un esploratore dei propri limiti. Ogni suo singolo gesto era parte di questa sfida; anche parcheggiare. Aveva una Ferrari 308, in teoria rossa, ma che in realtà ai lati era arancione, dal tanto che la consumava correndo a velocità massima sulla strada da Montecarlo a Maranello. E quando arrivava a Maranello, per parcheggiare non faceva manovra, no. Girava vorticosamente la macchina finché questa non finiva incastrata tra altre due».Secondo Enzo Ferrari, Il mito di Villeneuve–che tragicamente morì l’8 Maggio 1982, in seguito a uno schianto a 227 kmh, causato da un contatto con la March di Jochen Mass, durante le qualifiche per il Gran Premio del Belgio sul circuito di Zolder, a bordo della Ferrari 126 C2 – era strettamente legato al nome di Giacobazzi, che all’epoca campeggiava ovunque in Formula 1, soprattutto, sui podi, dove si brindava con lo spumante Gran Premio. Ad Imola, in particolare, Giacobazzi era di casa; ancora oggi si ricordano le modelle che si aggiravano per i box con la divisa brandizzata Lambrusco team Giacobazzi.
Garage Italia Presenta Spider Duetto Hybrid
9 mete in Europa da non perdere per gli appassionati di Panda 4x4